La presbiopia nell'epoca digitale

Aggiornato: 19 Aprile 2022

Il nostro occhio è uno strumento meraviglioso. Riesce a regolare la quantità di luce che raggiunge il suo interno modulando le dimensioni dell’iride; poi, grazie al cristallino, focalizza le immagini degli oggetti che osserviamo esattamente sulla retina. Il cristallino non è altro che una lente, in grado di modificare la forma delle superfici esterne e variando in tal modo la posizione del fuoco. Agisce come gli obiettivi delle macchine fotografiche, consentendo un'immagine perfettamente nitida qualunque sia la distanza dell’oggetto che osserviamo.

Così, se guardiamo un panorama, il cristallino si appiattisce; se invece osserviamo un oggetto tenuto tra le mani, aumenta la sua curvatura. Senza rendercene conto riusciamo a spostare lo sguardo mantenendo sempre una percezione correttamente a fuoco. Questo meccanismo, definito accomodazione, si basa sull'elasticità delle fibre che formano il cristallino. Tuttavia, con il passare del tempo, questa elasticità tende a ridursi ed inizia a venir meno la nostra abilità di focalizzare da vicino. Il nostro occhio comincia ad invecchiare ed il termine presbiopia significa proprio “vecchio occhio”. In realtà, il fenomeno della perdita di accomodazione inizia già dall’infanzia; ma è solo intorno ai 40 anni che cominciamo a vederne gli effetti. Non ci sono differenze tra uomini e donne nella rapidità con cui si manifesta la presbiopia. Oggi notiamo l’insorgenza della presbiopia con più facilità, soprattutto a seguito dell’utilizzo degli smartphone. Ma, paradossalmente, sono proprio gli stessi smartphone che tendono a far ritardare la richiesta di correzione della presbiopia.
Infatti, alle prime difficoltà di focalizzazione, si utilizza la funzione di ingrandimento del testo che ci permette di continuare ad utilizzare il dispositivo anche se non è perfettamente nitido. Grazie a ciò, la distanza a cui viene utilizzato lo smartphone rimane comparabile con la distanza di lettura. Allo stesso modo molti fruitori di pc aumentano il font dei testi su cui lavorano e si aiutano allontanando lo schermo quando possibile. Tuttavia questi trucchi spontanei non eliminano il problema. Infatti l’immagine risulta comunque sfocata ed il nostro sistema accomodativo si attiva lo stesso per tentare di recuperare una corretta nitidezza. Anche per questo motivo, oltre il 90% degli utilizzatori di device digitali lamenta fastidi visivi; tra le cause più frequenti troviamo proprio la non accurata correzione della presbiopia. Da uno studio giapponese, al contrario, emerge che l’uso accentuato dei sistemi digitali anticipa l’insorgenza della presbiopia e ne rende più veloce il decorso. Infatti questi autori hanno osservato un peggioramento più rapido nel periodo di lockdown per la pandemia Covid-19, durante il quale è aumentato l’uso di strumenti digitali. Un’analisi retrospettiva di oltre 30 anni ha confermato che la presbiopia inizia più precocemente nei soggetti che all’età di 20 anni risultino ipermetropi e con scarsa accomodazione.
Sembra un'ovvietà, ma ci deve far riflettere sulle conseguenze a lungo termine dei nostri comportamenti da giovani. In ogni caso, le nostre abilità accomodative possono essere preservate osservando le norme d’igiene visiva e migliorate con la pratica del visual training.


Quindi, cosa possiamo fare per ridurre i fastidi visivi in questo mondo sempre più digitale?

Recentemente sono stati proposti trattamenti chirurgici per la risoluzione della presbiopia ma ad oggi non risultano efficaci. Sicuramente l'utilizzo della giusta correzione oftalmica è importante, ma anche l'uso di lenti con geometrie specifiche per gli operatori al computer (le cosiddette “lenti per ufficio”) aiutano ad attenuare i disagi di molte ore passate al pc.

Fonte "Dott. Marco Orlandi", psicologo, optometrista.

Marco Orlandi, dopo il diploma di ottico e la successiva qualifica in optomentria, apre un’attività commerciale nel centro storico di Roma. Successivamente si laurea in psicologia sperimentale ed approfondisce le tematiche delle funzioni percettive, soprattutto dell’età evolutiva. È stato relatore in numerosi congressi di neuropsicologia ad ha svolto attività di docente sia presso le Università della Sapienza, Tor Vergata, LUMSA. È stato anche docente presso numerosi corsi ECM in Italia. Per conto di primarie aziende oftalmiche ha tenuto seminari sulle tematiche della visione. Svolge attività clinica presso il Centro Ricerche sulla Visione che ha fondato nel 2008 proprio per trasferire nella ricerca le proprie esperienze con i pazienti.

Centro Ricerche sulla Visione:

Presso il CRV viene svolta attività di valutazione delle funzioni visuo-percettivo-motorie grazie alla collaborazione di vari professionisti, dall’optometrista all’oculista. Inoltre viene svolta anche attività di riabilitazione visiva, ortottica e/o funzionale. Il CRV organizza corsi di formazione, ECM e non, per professionisti sanitari. Il CRV è sede di tirocinio in convenzione con Roma Tre ed accoglie ricercatori e tesisti anche di altre facoltà.
https://crvisione.it



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