Il mondo dell’Ottica ha un debito con Spinoza
Quando scriviamo o parliamo di #Spinoza non possiamo fare a meno di pensare al suo Trattato teologico-politico, un’opera sulla quale studiosi e critici si sono avventurati, pagina dopo pagina, interpretando quella visione ipostatica della natura spinoziana, il concetto di pensiero così come quello di coscienza. Quest’ultimo concetto viene ampiamente affrontato nell’Ethica riconosciuta come “la più grande sintesi filosofica intesa ad accordare naturalismo e umanesimo” (carteggio Papini-Soffici 1903-1908, curato da Mario Richter, Roma 1991). L’Ethica, a ben guardare, porterà ad uno squilibrio nel pensiero di Spinoza e i filosofi che raccoglieranno i suoi scritti e le sue parole (Leibniz) partiranno proprio da questa instabilità per creare nuovi concetti e fondare nuove interpretazioni.
Non sappiamo fino a che punto il tormento della sua vita privata ha pervaso i suoi studi. Quel che è certo e testimoniato è che all’età di 34 anni Spinoza, in seguito ad una violenta dichiarazione rabbinica firmata da Rabbi Saul Levi Morteira (siamo nella metà del 1600), dovette lasciare con la famiglia la sinagoga di Amsterdam per stabilirsi a Rijnsburg dove rifiutò l’insegnamento e proseguì la sua vita svolgendo il lavoro di tornitore di lenti. “Così noi siamo debitori anche a un filosofo (…) e a chi ha inteso scomunicarlo. La nostra professione ha una genealogia variegata e a volte sorprendente” (Fonte: b2eyes.com)